Le Big Tech hanno un "problema" con gli ammortamenti
La tecnologia corre, l'innovazione sull'hardware è sempre più veloce ma la loro vita utile, magicamente, continua ad allungarsi.
Iniziamo
Con questa puntata di Building the Plan, che arriva dopo un periodo di inattività dovuto a carico professionale piuttosto intenso ed impegnativo, vorrei soffermarmi su un fenomeno che mi ha incuriosito negli ultimi periodi e che racconta tanto, a livello economico e finanziario, del momento che stiamo vivendo.
Sto parlando della politica degli ammortamenti nelle Big Tech americane in un periodo in cui i Capex per hardware, infrastrutture e tecnologie AI è ai massimi storici.
Non credo sia ormai un segreto che negli ultimi 3-5 anni, infatti, le principali aziende Tech hanno incrementato enormemente gli investimenti in infrastrutture hardware per l’intelligenza artificiale, in particolare data center, GPU e altre attrezzature specializzate.
Parallelamente, queste stesse aziende hanno modificato le politiche di ammortamento di questi asset, spesso allungando la vita utile stimata dei server e delle apparecchiature di rete.
Questo contenuto punta ad analizzare come sono evoluti gli ammortamenti di aziende come Alphabet (Google), Microsoft, Amazon, Meta, Apple e Nvidia, evidenziando l’impatto sul bilancio, sulla redditività e sulle valutazioni aziendali.
Nel mentre, le valutazioni e le performance delle aziende in questione hanno sempre sovra-performato l’indice S&P500 (o ci sono andate molto vicine).
Investimenti in Hardware AI e politiche di ammortamento
Viviamo in un periodo storico in cui le aziende Tech stanno raggiungendo vette sempre più alte. Dalle difficoltà sui mercati finanziari del 2022 non hanno fatto altro che correre a multipli enormi e spinte dall’obiettivo di aggiudicarsi tutta la torta a suono di LLM, AI, CPU.
Le aziende cosiddette hyper-scalers come Google, Amazon, Microsoft, Meta hanno intrapreso una corsa matta agli investimenti in data center e hardware AI. La spesa in conto capitale (Capex) collettiva dei grandi cloud provider è balzata da circa 150 miliardi di dollari nel 2023 a circa 230 miliardi nel 2024, e si prevede supererà i 300 miliardi nel 20251. Gran parte di questo investimento è ovviamente dedicato a complesse infrastrutture AI, ossia centri dati con enormi server equipaggiati di GPU e chip vari per addestrare i modelli di machine learning. Questi enormi investimenti, pur ponendo le basi per nuovi servizi AI, generano un’enorme quota di asset fisici da ammortizzare nei bilanci aziendali. La gestione contabile di tali ammortamenti è quindi diventata cruciale per comprendere l’impatto sui margini operativi e sugli utili netti.
Dal punto di vista contabile, gli asset hardware AI (come server, acceleratori GPU/TPU, apparecchiature di rete e infrastrutture dei data center) vengono capitalizzati a bilancio e ammortizzati lungo la loro vita utile stimata.
Ma quale vita utile?
Il tema è che fino a pochi anni fa, l’ipotesi standard nel settore era di vite utili piuttosto brevi, tipicamente 3 anni per i server e 3-4 anni per le apparecchiature di rete. Ciò rifletteva la rapida (e piuttosto reale) obsolescenza tecnologica e la pratica diffusa di rinnovare frequentemente i server con hardware più potenti.
In fin dei conti è ragionevole pensare che in un settore come questo, le cui innovazioni stanno correndo ad una velocità impressionante, le tecnologie di oggi saranno presto sostituite da nuove tecnologie più performanti domani.
Tuttavia, a partire dal 2020, tutte le principali piattaforme cloud hanno iniziato ad estendere la vita utile dei propri sistemi, citando miglioramenti nell’affidabilità dell’hardware e dell’efficienza software.
E come è logico, questo cambiamento nei criteri di ammortamento ha avuto effetti estremamente significativi sui risultati finanziari riportati.
Estensione della vita utile dell’hardware: 2019-2024
Le Big Tech hanno rivisto al rialzo le stime di vita utile delle apparecchiature, riducendo così l’ammortamento annuo imputato a conto economico e migliorando, così, l’utile netto.
Questa nuova prassi ha inizio nel 20202.
Amazon ha aperto le danze nel rivedere questa stima: già nel Q4 2019 annunciò il passaggio da 3 a 4 anni per i server AWS.
A ruota, entro il 2021 anche Microsoft, Google e Meta allungarono la vita utile dei server a circa 4 anni.
Nel 2022 Amazon ha ulteriormente esteso a 5 anni i server e a 6 anni le apparecchiature di rete.
Di nuovo i concorrenti hanno rincorso questo approccio: Microsoft e Alphabet nel 2023 sono passati a 6 anni per i server (e Google anche per i dispositivi di rete)
Meta si è assestata a 5 anni (poi portati a 5,5 anni nel 2025).
Amazon infine ad inizio 2024 ha uniformato la stima a 6 anni anche per i suoi server (dai 5 precedenti).
In sostanza, in meno di cinque anni l’intero settore è passato da un ciclo di rinnovo hardware triennale a un ciclo quinquennale o più per gli asset di infrastruttura cloud, che pesano per centinaia di miliardi e che determinano enormemente sulla valutazione delle aziende.
Prendiamo l’esempio di Alphabet. Un’analisi di MBI Deep Dives ha evidenziato la dinamica di Net Capex e incidenza degli ammortamenti.
La tabella qui di seguito mostra un fenomeno piuttosto chiaro:
+200% Net PP&E vs +100% Depreciation expense
Più semplicemente: la spesa di ammortamento si è drasticamente ridotta in peso percentuale rispetto alla relativa quota di investimenti netti.
Dalla tabella si nota infatti come la variazione netta di spese per ammortamenti dal 2019 al 2023 sia stata di +1 miliardo a fronte di +60 miliardi di investimenti netti.
L’impatto di questi cambiamenti è notevole. Alphabet, con l’estensione a 6 anni ha ridotto di quasi $4 miliardi le spese di ammortamento nel solo 2023, aumentando l’utile netto di $3 miliardi3. Amazon ha stimato un beneficio di $0,9 miliardi sul suo utile netto già nel primo trimestre 2024 grazie al passaggio da 5 a 6 anni4. Meta prevede circa $2,9 miliardi di ammortamenti in meno nel 2025 dopo aver portato la vita utile dei suoi server AI a 5,5 anni5 . Microsoft e Oracle, con transizioni simili, hanno registrato incrementi degli utili operativi dell’ordine di $2-3 miliardi annui ciascuna quando hanno esteso le vite utili dei data center. Questi aggiustamenti contabili, pur non generando alcun flusso di cassa aggiuntivo (importante sottolinearlo), hanno migliorato sensibilmente i risultati riportati da tutte le Big Tech.
Risultato?
Ogni anno “regalato” taglia gli ammortamenti di qualcosa come un quarto e gonfia (passatemi il termine) l’EBIT di diversi miliardi: il margine si allarga, il ROIC6 vola, gli analisti applaudono e nel frattempo il flusso di cassa resta uguale a prima, perché le fatture per i server arrivano in dollari veri e non in anni contabili.
Va sottolineato che l’estensione della vita utile riguarda prevalentemente i server e le apparecchiature di networking impiegati nei data center per carichi AI e cloud. In molti casi le società hanno giustificato la revisione con studi interni sull’affidabilità. I CFO hanno fatto riferimento a:
miglioramenti hardware, software e design dei data center che riducono lo stress sull’infrastruttura e ne estendono la durata7
Impatti su bilanci, redditività e valutazioni
Le modifiche negli ammortamenti descritte sopra hanno, come detto, importanti conseguenze finanziarie. In primo luogo, ridurre l’ammortamento annuo comporta un immediato incremento degli utili operativi e netti, a parità di altre condizioni.
Alphabet ha attribuito un aumento di $3 miliardi dell’utile netto 2023 unicamente al cambio di stima sulla durata dei server
Meta prevede un aumento del 4% sull’utile ante imposte 2025 grazie alla mossa analoga.
Questi miglioramenti di profitto migliorano i margini operativi riportati e possono influenzare positivamente le metriche di valutazione basate sugli utili (ad esempio il rapporto P/E). Di fatto, estendere la vita di un asset “abbassa l’asticella” per ottenere ROI positivi: i ricavi generati da un server AI vengono confrontati con quote di costo ammortizzato più esigue nei primi anni, aiutando le aziende a mostrare una redditività migliore anche mentre investono aggressivamente in nuove capacità.
È però doveroso segnalare che si tratta esclusivamente di un effetto contabile.
L’ammortamento è, infatti, un costo non monetario e il cash flow operativo non subisce alcun tipo di variazione. Ed in effetti, la maggior parte degli analisti tenderà a guardare con attenzione voci che sono meno influenzabili da queste pratiche contabili, come l’EBITDA (che esclude la voce degli ammortamenti dal suo calcolo) o il cash flow.
Ciò detto, l’utile netto e l’utile operativo GAAP (principi contabili USA) più alti possono migliorare il sentiment di mercato e sostenere le valutazioni azionarie, specialmente in un contesto dove gli investitori premiano l’espansione dei margini. Ad esempio, un utile netto più elevato migliora il rapporto prezzo/utili se la capitalizzazione di mercato rimane invariata, facendo apparire il titolo più conveniente. D’altro canto, c’è anche chi solleva dubbi sulla qualità di tali utili in crescita: alcuni analisti parlano di “deterioramento della qualità degli utili” delle Big Tech, notando come gran parte del recente aumento sia dovuto a cambiamenti contabili piuttosto che a miglioramenti operativi reali.
Un ulteriore impatto potremmo notarlo sull’attivo di bilancio: ammortizzando più lentamente, il valore contabile residuo dei cespiti hardware rimane più elevato più a lungo. Questo implica che nei bilanci 2023-2024 di Google, Microsoft & Company, la voce “Property and Equipment, net” è più alta di quanto sarebbe stata con i vecchi criteri (perché c’è meno ammortamento cumulato dedotto). Di per sé ciò migliora il patrimonio netto contabile, ma potrebbe anche ridurre leggermente alcuni indici di rotazione (come Asset turnover o ROA, Return on Assets, poiché gli utili aumentano come anche gli asset medi). Ad ogni modo, l’impatto percentuale sul totale attivo è limitato, dato che i cespiti tecnologici vengono comunque reinvestiti continuamente. Il vero effetto si vede nel conto economico.
Gli effetti fiscali
Ai fini fiscali, spesso le aziende adottano aliquote di ammortamento diverse, generalmente più accelerate, per minimizzare il carico fiscale.
A questo si aggiunge l’anabolizzante chiamato bonus depreciation introdotto dal Tax Cuts and Jobs Act del 2017: deduzione immediata sul 100% degli acquisti fatti entro il 2022, poi 80% nel 2023, 60% nel 2024, 40% nel 2025, 20% nel 2026 e sparisce nel 2027 se il Congresso non ricarica.
Il paradosso è servito: in sostanza raccontano che la vita utile contabile sale, mentre al fisco l’hardware sparisce quasi tutto al day-one. L’effetto combinato è una valanga di differenze temporanee che genera Deferred Tax Liabilities (DTL) a bilancio: pagherò le imposte più tardi, dicono i CFO, intanto però il flusso di cassa per imposte resta molto basso e quello disponibile all’azienda molto alto.
Cosa significa in pratica?
Conto economico: ammortamento spalmato, utile operativo molto invitante per gli investitori;
Cash flow fiscale: deduzione quasi istantanea, uscita di cassa per l’imposta rinviata ad anni successivi;
Bilancio: DTL che si gonfiano e che saranno da onorare quando il bonus depreciation sfuma o l’asset viene ceduto.
Morale? L’allungamento della vita utile è solo che positivo per il mercato equity e il bonus depreciation è ulteriore benzina per il cash-flow. Uniti insieme, producono il numero perfetto di magia contabile: utile in crescita, tasse che spariscono e un DTL parcheggiato come pegno per il futuro.
Strategie Contabili e Considerazioni Finali
Alla luce di quanto analizzato, appare chiaro che le Big Tech stanno adattando le strategie contabili per gestire al meglio l’impatto dei colossali investimenti in infrastrutture AI.
Al netto della totale legittimità di ciò che stanno facendo, è importante, però, avere ben chiaro il significato di queste manovre e dei possibili effetti, magari non del tutto evidenti e talvolta un po’ nascosti.
L’estensione delle vite utili è la leva principale utilizzata per “capitalizzare” gli asset AI in bilancio. In pratica, si tratta di una forma di earnings management per spalmare il costo di queste iniziative e proteggere i margini nel breve termine che, altrimenti, urlerebbero di dolore. Questo approccio smussa l’effetto dei cicli di spesa pluriennali: invece di vedere utili calare a causa di deprezzamenti pesanti subito dopo grandi investimenti, le aziende mantengono una profittabilità più stabile, confidando che nel frattempo i nuovi servizi AI generino ricavi crescenti che giustifichino e sostengano gli investimenti fatti.
È interessante notare, inoltre, che queste modifiche sono avvenute quasi simultaneamente tra i grandi operatori, sollevando quesiti: si tratta davvero di decisioni indipendenti basate su evidenze tecniche, oppure c’è stata una sorta di segnale competitivo che ha sdoganato questo cambiamento di prassi?
Amazon sembra infatti essere stata la prima ad adottare questa prassi, nel 2020 e nel 2022. Nel giro di 12 mesi gli altri hanno replicato la manovra con motivazioni molto simili. La coincidenza temporale suggerisce che, una volta che un leader di mercato dimostra che è possibile allungare l’orizzonte temporale senza perdere credibilità contabile, gli altri colgono l’opportunità per adeguarsi e ottenere lo stesso beneficio sugli utili.
In effetti, prima del 2020 per anni nessuno aveva rivisto le stime (nonostante teoricamente le tecnologie migliorassero molto rapidamente) anche se è doveroso segnalare che la mole di investimenti per AI è iniziata proprio in quegli anni. Poi improvvisamente tutti hanno “scoperto” vite utili più lunghe quasi all’unisono.
Analisti ed osservatori hanno però evidenziato una mancanza di trasparenza.
Perché tutto in un colpo?
Perché tutti insieme?
Mentre le aziende dichiarano server più longevi grazie a ottimizzazioni, la composizione dei data center sta virando verso hardware altamente specializzato (GPU, TPU) che potrebbe invecchiare più rapidamente dal punto di vista tecnologico. Alcune analisi infatti fanno notare che i moderni acceleratori AI di fascia alta (come le GPU Nvidia H100) operano a carichi elevatissimi e vengono superati da nuove generazioni in tempi brevi, circa 1-3 anni. Eppure la logica dell’ammortamento sembra prendere la direzione opposta.
In termini di earnings quality, questo approccio potrebbe portare a sottovalutare il costo di rinnovo dell’infrastruttura AI, i margini attuali ne beneficiano, ma nei prossimi anni le aziende dovranno comunque sostituire o potenziare questi chip più frequentemente di quanto l’ammortamento lascerebbe intendere.
In conclusione
L’evoluzione degli ammortamenti delle Big Tech riflette un delicato equilibrio tra realtà tecnologica e rappresentazione contabile.
Da un lato, c’è una giustificazione industriale: hardware più robusto e gestione efficiente possono estendere la vita dei server, fornendo ritorni su un orizzonte più lungo e riducendo sprechi.
Dall’altro lato, c’è un’evidente beneficio contabile nell’adottare stime favorevoli, soprattutto in un momento in cui le aziende stanno investendo somme senza precedenti nell’AI e devono rassicurare gli investitori sulla sostenibilità dei profitti.
Per gli stakeholder e gli analisti, il quadro che emerge è duplice:
👍🏻 Positivo, in quanto le Big Tech mostrano margini solidi nonostante enormi spese in AI, indicando che tali investimenti (grazie anche alle politiche di ammortamento) non stanno “affondando” i conti nel breve termine.
👎🏻 Critico, in quanto occorre vigilare sulla qualità degli utili: parte della redditività attuale è frutto di scelte contabili che rinviano costi a periodi futuri. Se la tecnologia AI evolvesse più rapidamente del previsto (richiedendo sostituzioni prima del completo ammortamento) o se queste aziende dovessero tornare a stime più prudenti, potremmo vedere riemergere pressioni sugli utili. Per ora, la strategia di allungare gli ammortamenti appare destinata a restare, finché il mercato la ritiene credibile.
In definitiva, comprendere questi trend è essenziale per valutare correttamente i bilanci dei giganti nell’era dell’intelligenza artificiale, ponderando l’entusiasmo per le opportunità dell’AI con la giusta cautela verso gli artifici contabili che ne accompagnano il decollo.
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Carlo 👋🏼
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Bellissima analisi!